J’Accuse Sulla Commedia dell’Arte del Partito democratico- Scissione

J’Accuse Sulla Commedia dell’Arte del Partito democratico- Scissione.

Sono io il partito
Sono io Renzone
Il vostro faraone
Per nulla democratico!

Come avviene in tutte le commedie che diventano man mano tragedie, si simula e di dissimula, si ride e si deride, si comunica e si scomunica, e come arrivano i momenti delle risate, giungono anche quelli dei pianti e delle urla.  Tutti i numeri erano buoni per recitare. Ma un bel giorno il popolo girò le spalle a colui che pensava che i suoi numeri erano vincenti e i suoi discorsi altrettanto convincenti.
Che cosa rappresenta il 4 dicembre per il partito democratico e il suo segretario Renzi?
Sappiamo bene che prima di quella data, o se preferite numero)si pensava che questa commedia del partito democratico e del suo regista Renzi, durasse all’infinito. La sua compagnia teatrale con tutti i suoi artificiosi e esilaranti personaggi ( i belli, i prepotenti, i pettegoli, i bugiardi, gli spergiuri, gli arrivisti, i lecchini, i figuranti...) navigava a gonfie vele, diffondendo, come si direbbe ironicamente, “immagini e parole dolci dolci come il miele” . L’Italia veniva dipinta come un paese in crescita, la disoccupazione decrescente, le banche fiorenti (sulle spalle dei contribuenti che le salvavano), le industrie in ripresa…) Ci si era scordati che esisteva una Questione Meridionale e magari di un’altra ancor più preoccupante settentrionale, delle fabbriche e dei distretti chiusi per colpa della crisi che ha colpito il paese Italia dal 2007.  Insomma, il 4 Dicembre 2017 ha rappresentato una doccia fredda e ghiacciata per la compagnia teatrale Renziana, ma per il paese Italia questa data doveva costituire un nuovo inizio, ovviamente a partire dalle ceneri Renziane.

Tutti auspicavano che il 4 Dicembre  desse una scossa, un elettroshock alla Classe politica italiana e a questo Parlamento, ma tutto ciò non muto nulla nello scenario politico desolante. Abbiamo visto come Renzi è riuscito a rimanere sul carro del governo, anche se in maniera indiretta, a traverso Gentilone.  Tutto ciò fu permesso dal Capo dello Stato, il quale, a mio modesto parere, doveva sciogliere questo parlamento, o perlomeno fissare una data di scadenza al governo Gentilone, per fare la legge elettorale. Ma la cosa che diverte ancora è che in una democrazia normale, Renzi si sarebbe messo da parte, lasciando il campo a qualcun altro, come si usa nelle democrazie anglosassoni. Invece no! Per lui il PD è una vicenda personale. Una sfida fino alla scissione del partito, il quale è di fatto un partito diretto secondo criteri personalistici e autoritari, e non secondo la dialettica  e gli ideali di un partito social-democratico. L’amara verità, infine, è che la compagnia teatrale Renziana non vuole lasciare il palcoscenico, pur sapendo che i suoi numeri e proclami non interessano più  il paese, né il popolo di sinistra. La Scissione è inevitabile e Renzi si è già impossessato del simbolo del partito, che è stato affidato dopo le sue dimissioni al tesoriere Bonifazi. Come per dire: sono io il partito. Ma tutta questa vicenda c’insegna una cosa: quanta somiglianza c’è tra Renzi e Berlusconi? Entrambi sono simili per stile e caparbietà, per arroganza e incapacità politica. All’italia serve un nuovo parlamento e una nuova classe dirigente. E soprattutto una nuova era di pace e di prosperità economica.

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